25 aprile

La fine della guerra
Nei primi mesi del 1945 i partigiani che combattevano contro l’occupazione tedesca e la repubblica di Salò nell’Italia settentrionale erano diverse decine di migliaia di persone, abbastanza bene organizzate dal punto di vista militare. Molti soldati occupanti, nel marzo del 1945, si trovavano a sud della pianura padana per cercare di resistere all’offensiva finale degli americani e degli inglesi, che iniziò il 9 aprile (in una zona a est di Bologna) lungo un fronte più o meno parallelo alla via Emilia. L’offensiva fu subito un successo, sia per la superiorità di uomini e mezzi degli attaccanti che per il generale sentimento di sfiducia e inevitabilità della sconfitta che si era diffuso tra i soldati tedeschi e i repubblichini, nonostante la volontà delle massime autorità tedesche e fasciste di continuare la guerra fino all’ultimo.

Il 10 aprile il Partito Comunista fece arrivare a tutte le organizzazioni locali con cui era in contatto e che dipendevano da esso la “Direttiva n. 16″, in cui si diceva che era giunta l’ora di «scatenare l’attacco definitivo»; il 16 aprile il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui facevano parte tutti i movimenti antifascisti e di resistenza italiani, dai comunisti ai socialisti ai democristiani e agli azionisti) emanò simili istruzioni di insurrezione generale. I partigiani iniziarono quindi una serie di attacchi verso i centri urbani. Bologna, ad esempio, venne attaccata dai partigiani il 19 aprile e definitivamente liberata con l’aiuto degli alleati il 21.

Il 24 aprile gli alleati superarono il Po, e il 25 aprile 1945 i soldati tedeschi e della repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino, dove la popolazione si era ribellata e iniziarono ad arrivare i partigiani, con un coordinamento pianificato. A Milano era stato proclamato, a partire dalla mattina del giorno precedente, uno sciopero generale, annunciato alla radio “Milano Libera” da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, allora partigiano e membro del Comitato di Liberazione Nazionale. Le fabbriche vennero occupate e presidiate e la tipografia del Corriere della Sera fu usata per stampare i primi fogli che annunciavano la vittoria. La sera del 25 aprile Benito Mussolini abbandonò Milano per dirigersi verso Como (verrà catturato dai partigiani due giorni dopo e ucciso il 28 aprile). I partigiani continuarono ad arrivare a Milano nei giorni tra il 25 e il 28, sconfiggendo le residue e limitate resistenze.
Una grande manifestazione di celebrazione della liberazione si tenne a Milano il 28 aprile. Gli americani arrivarono nella città il 1° maggio 1945.

La guerra continuò anche dopo il 25 aprile 1945: la liberazione di Genova avvenne il 26 aprile, il 29 aprile venne liberata Piacenza e fu firmato l’atto ufficiale di resa dell’esercito tedesco in Italia. Alcuni reparti continuarono i combattimenti ancora per qualche giorno, fino all’inizio di maggio.

La festa
A guerra conclusa, un decreto legislativo del governo italiano provvisorio, datato 22 aprile 1946, dichiarò “festa nazionale” il 25 aprile, limitatamente all’anno 1946. Fu allora che, per la prima volta, si decise convenzionalmente di fissare la data della Liberazione al 25 aprile, giorno della liberazione di Milano e Torino. La scelta venne fissata in modo definitivo con la legge n. 260 del maggio 1949, presentata da Alcide De Gasperi in Senato nel settembre 1948, che stabilì che il 25 aprile sarebbe stato un giorno festivo, come le domeniche, il primo maggio o il giorno di Natale, in quanto “anniversario della liberazione”.

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MILANO LIBERATA

Cronologia 24-29 Aprile

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Le direttive per l'insurrezione

Ai Cln, ai comitati di agitazione, agli operai, ai tecnici, agli impiegati: Direttive per l'insurrezione nazionale, n. 1, 21 aprile 1945
Ad integrazione dei compiti militari previsti per le formazioni del Corpo volontari della libertà, il pieno successo dell'insurrezione nazionale che deve liberare le nostre terre dall'oppressione e dal saccheggio nazifascista richiede l'attiva e cosciente partecipazione di tutte le popolazioni delle città e delle campagne. Dei compiti di una particolare importanza spettano in questo campo alla massa degli operai, dei tecnici, degli impiegati, concentrati nei maggiori stabilimenti industriali. Perché tali compiti possano essere assolti con la massima efficienza, è necessario che tutti si attengano alle presenti direttive del Comitato di liberazione nazionale, ed a quelle che verranno successivamente impartite.
Alla proclamazione dello sciopero insurrezionale, gli operai, gli impiegati, i tecnici, i lavoratori tutti dovranno portarsi tutti, ognuno al proprio stabilimento, alla propria officina, al proprio cantiere o ufficio.
Gli stabilimenti rappresentano il centro di mobilitazione e la fortezza dell'insurrezione nazionale. E' dalle fabbriche, dai cantieri, dalle officine che le squadre dei lavoratori, dei patrioti partiranno per dare man forte ai Gap, alle Sap, ai partigiani per ingrossare le file dei combattenti, per occupare i punti più importanti della città, per scacciare dai loro nidi di resistenza i nazifascisti.
Evidentemente, i lavoratori non si lasceranno assediare all'interno dello stabilimento, non se ne staranno quieti nelle officine, in posizione attesista e semplicemente difensiva. Ma essi, alla proclamazione dello sciopero insurrezionale debbono recarsi compatti alle loro fabbriche, nelle officine e negli uffici pubblici [poste, telegrafi, telefoni, centrali elettriche, gas, ecc.] per difendere gli impianti e impedirne la distruzione da parte del nemico.

Bisogna fare di tutto per salvare le nostre macchine, i nostri impianti produttivi e di pubblica utilità, il nostro patrimonio industriale.

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Mappa Liberazione - mappa 1945

generale liberazione

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