Lo sciopero dei tranvieri a Milano

Lo sciopero del marzo 1944 vede una compatta partecipazione dei tranvieri milanesi. Per tre giorni su 800 vetture escono solo quelle guidate dai fascisti, che nel giro di poche ore fracassano per imperizia centosessantasei vetture. La lotta dei tranvieri è sostenuta dai gappisti, che fanno saltare la cabina elettrica che fornisce energia elettrica alla rete nord dei mezzi pubblici. Squadristi fascisti irrompono nei depositi dei tranvieri di via Brioschi, via Primaticcio e via Teodosio, per prelevare i conducenti e costringerli con la forza a riprendere il lavoro, sotto la vigilanza di scorte armate. Alcuni tranvieri riprendono il servizio, ma poi abbandonano le vetture per la strada dopo averle rese inutilizzabili. Allo sciopero seguono centinaia di arresti, 35 tranvieri vengono deportati nei campi di concentramento.
Lo sciopero dei tranvieri di Milano ha un notevole risalto nei bollettini delle emittenti radio dei tre grandi Paesi alleati nella guerra contro la Germania nazista.
Radio Londra: “Grande sciopero dei tranvieri milanesi, la parola d’ordine è: via i tedeschi! Abbasso la repubblica di Salò. I lavoratori dei tram hanno dimostrato una perfetta identità di sentimenti con la popolazione milanese. Da Radio Londra inviamo un caloroso e fraterno saluto ai tranvieri per la dimostrazione di fede delle forze democratiche contro il nazi-fascismo.”
La Voce dell’America: “Grande entusiasmo ha provocato la notizia che i tranvieri milanesi hanno proclamato uno sciopero generale, in piena occupazione militare nazi-fascista. Tutta la stampa americana esalta il coraggio e il patriottismo di questi lavoratori addetti al servizio pubblico cittadino, sfidando la prepotenza degli eserciti occupanti. Le astensioni dal lavoro sono al 100%. Si vedono per Milano tram condotti da giovinastri volontari delle forze armate nazi-fasciste, provocando gravi incidenti con morti e feriti. Viva i tranvieri milanesi!”
Radio Mosca: “Viva i lavoratori addetti ai tram milanesi! Grande sciopero generale contro i tedeschi e i fascisti di Salò. Le autorità militari sorprese dalla perfetta organizzazione e riuscita dello sciopero. Fascisti e tedeschi si sono assunti la responsabilità di guidare i tram provocando incidenti nella popolazione. Si registrano morti e feriti. Viva i tranvieri milanesi, a morte i tedeschi. Avanti verso l’insurrezione generale per la fine della guerra!”

Fonte: Sezione ANPI "Giovanni Pesce e Nori Brambilla"

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Trasporti

Circolazione e trasporti pubblici

     Dalle prime settimane di guerra si riducono gli orari di servizio e i percorsi di tram e autobus, decine di collegamenti ferroviari vengono soppressi. Ai proprietari di autoveicoli è fatto obbligo di verniciare di bianco parafanghi e cofano per agevolarne la visibilità nelle ore notturne. La circolazione automobilistica necessita di un permesso speciale, il carburante è razionato e presto cominceranno a vedersi automezzi con motori alimentati a carbonella. Nel 1944 tutti gli autoveicoli privati saranno requisiti dalle autorità fasciste. Con il proseguire del conflitto e il crescente dissesto dei mezzi pubblici di trasporto si ricorrerà ad ogni genere di ripiego: carri e carretti a trazione animale o umana e velotaxi, improvvisati riksciò a pedali, finché anche camere d'aria e tubolari non diventeranno preziosa merce di scambio.
     Fari, fanali e luci di posizione di auto e biciclette devono essere schermati lasciando una fessura di pochi centimetri. I tram devono avere i fanali azzurrati e le luci interne, azzurrate, vanno schermate con involucri di metallo che orientino il fascio luminoso verso il basso. Si imbiancano anche i cordoli dei marciapiedi, le colonnine spartitraffico e ciò che, di notte, può rappresentare un improvviso e pericoloso ostacolo. 
     Buona parte di quella metà di popolazione sfollata dopo i bombardamenti dell'agosto 1943 gravita quotidianamente su Milano, aggiungendosi al pendolarismo storico e a quanti fanno la spola con le province contigue per reperire un po' di burro o qualche uovo al mercato nero. Il logorio dei motori, bisognosi spesso di riparazioni improvvisate, la lentezza e il sovraffollamento dei trasporti pubblici - e dopo l'occupazione nazista i blocchi stradali e i controlli nazifascisti - trasformano ogni benché minimo viaggio in una impresa defatigante e dai tempi mai certi. In più, dall'estate 1944, l'Italia settentrionale entra nel raggio d'azione dei caccia angloamericani. All'incubo dei bombardamenti notturni si unisce ora quello dei mitragliamenti diurni, inducendo la fantasia popolare ad addebitarli a Pippo, un solitario onnipresente cacciatore inglese che non risparmia corriere, carri di fieno e biciclette, ma la verità è che i cieli dell'Italia occupata sono ormai dominio di tanti Pippo che scorrazzano incontrastati, tanti da non poterseli neanche immaginare. 
     La bicicletta diventa il mezzo di locomozione più affidabile, diffuso e prezioso ma, per chi già non la possiede, il prezzo d'acquisto è proibitivo: dalle 8 alle 12 mila lire, e nel 1944 il salario medio operaio si aggira attorno alle duemila lire, per non parlare della crescente penuria di copertoni e tubolari, tanto che la loro distribuzione sarà una delle voci ricorrenti nelle rivendicazioni operaie. Con l'occupazione tedesca e lo sviluppo della guerriglia gappista e sappista, ogni ciclista si trasforma in una potenziale minaccia per i nazifascisti. La bicicletta diventa così il mezzo di locomozione più sospetto e, come tale, soggetto ad ulteriori permessi e restrizioni nell'uso.

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